10 Lug Gelosia
Posted at 22:42h
in il mio album di famiglia
«Titì! Vieni,andiamo!»
La voce di Nathan mi raggiunse forte e imperativa.
«Ok, un secondo, sto facendo…»
«No! Titì, andiamo!»
«Ok,ok.»
Mi decisi ad alzarmi dal cuscino appiattito della mia postazione da computer.
Soddisfatto, il piccolo avvolse la sua manina attorno alla mia e mi guidò verso il divano.
«Siedi.» mi ordinò con determinazione.
A quel punto avevo perso il filo dei miei passaggi in Photoshop ed ero intrigata dalle misteriose intenzioni del piccolo.
Un sorriso stampato sulle labbra perfette di Nathan rivelava la sua eccitazione per aver finalmente ottenuto la mia attenzione.
Senza spiegazioni mi abbandonò un momento per raggiungere la mia povera sedia stanca dall’altra parte del salotto.
Con un po’ di fatica sfilò le quattro gambe di legno da sotto la scrivania e le trascinò per una breve distanza lottando contro l’attrito del tappeto.
Quando finalmente la sedia giunse a destinazione contro il muro, il piccolo arrampicatore ci montò sopra raddoppiando la sua altezza con successo.
Distese un braccio e con la punta delle dita spense entrambi gli interruttori della luce. Poi andò a raccogliere il lenzuolo floreale che giaceva abbandonato sul sofà e infine, gongolante, tornò da me.
Harvey era sdraiato a pancia in giù nel suo lettino affianco a noi. Tra le sottili sbarre di legno si intravedeva il ritmo con cui la schiena seguiva il suo respiro: su e giù, su e giù.
Una folla densa di goccioline da condensa rendeva impossibile vedere cosa accadeva al di là dei vetri ghiacciati delle finestre. Ad ogni modo, probabilmente, non c’era molto da vedere: le lancette segnavano solo le cinque meno un quarto, ma la notte era già scesa sulla monotona città di Chelmsford.
Nathan scalò il divano con l’abilità di chi ha fatto tanta pratica lungo la strada che, a breve, porterà al suo il secondo compleanno. Dopo di che mi si appollaiò addosso e senza parlare mi porse il lenzuolo.
Mentre lo coprivo strinse le sue braccia intorno alla mia vita e chiuse gli occhi.
Nella semi oscurità, la luce azzurra dello schermo in lontananza mi permetteva di osservare il volto innamorato di un figlio che ancora faticava a condividermi con il fratellino.
Pensai che quello doveva essere uno di quei momenti inspiegabili in cui non succede nulla e allo stesso tempo succede tutto.
Poi non pensai più a niente.
Sprofondai la mano nella morbidezza di quei ricciolini fitti fitti e presi ad accarezzare il mio piccolo, per un po’, prima che l’altro mio bisognoso pretendente si svegliasse di nuovo.