06 Lug Perchè non parlerò della guerra
Posted at 11:09h
in il mio pensiero
Dunque, volevo scrivere il post sullo sprint iniziale (continuazione del precedente su “come possiamo aiutarci durante la fatica di cambiare”) e invece lo rimando.
Perché? Perché bisogna sempre seguire l’ispirazione, e anche perché c’è una guerra in corso.
Ne prendo atto.
In verità, in questo momento le guerre in corso sul nostro amato pianeta, sono ben più di una e non sono certo iniziate ieri.
So bene che l’emergenza c’era anche prima, so che in alcuni casi c’è da tantissimi anni e so anche che, potevo tranquillamente parlar d’altro perché rischia che i miei milioni di follower non si uniranno in un corteo da me incitato per il “cessate il fuoco”. Non per mancanza di fiducia in voi eh, ci mancherebbe!
Quindi, riconoscendo di non poter ancora smuovere le masse, preciso soltanto che il mio precipitarmi sull’argomento “caldo” non ha a che fare con un tentativo di essere attuale o con un voler anche io belare la mia opinione sull’argomento, solo perché tutti ne stanno parlando.
All right, che mi salta in mente dunque?
Facciamola semplice: in realtà non parlerò della guerra. Non esattamente almeno. Ho solo pensato di cogliere l’occasione per parlare del perché non parlerò della guerra.
Oggi ho aperto Instagram e speravo di leggere le solite belle parole dei miei angeli ispiratori, barra idoli, barra super fotografi e super coach che alimentano con il loro valoroso esempio le mie grandi aspirazioni. (Prendere un respiro qui) E invece di trovare discorsi motivanti, conditi da immagini epicheggianti, ho trovato delusione, rabbia, sconforto e frustrazione dirette verso la passività di certi governi potenti, nei confronti del macello che sta avvenendo in Medio Oriente.
Giustamente. Molto giustamente.
Non si può parlar sempre e solo di zucchero a velo d’altronde. A volte anche lo zucchero a velo vien trasportato da un soffio di vento e finisce a decorare la torta calda e appena sfornata, prodotta non dal pasticcere, ma dal sedere di un cavallo. Oplà.
“Shit happens”. Tutti ne sappiamo qualcosa.
Tuttavia mi domando, vale davvero la pena di informarsi, di dibattere, di farsi coinvolgere, di arrabbiarsi? In termini di utilità pratica, può fare qualche reale differenza?
La risposta per me è, a volte sì, a volte no. Per come la penso dipende tutto, non da che cosa sia successo all’esterno, ma da come siamo fatti noi e adesso con calma mi spiego meglio…
In generale credo sia utile rimanere concentrati. Non farsi trasportare troppo dal vento, se posso dire.
Aspetta, disclaimer: lo so che c’è gente, in questo momento, che si trova nel bel mezzo dell’inferno e non può, neanche se si impegna, “non farsi trasportare dal vento”. Lo so che sono persone come me e come te, solo che noi siamo molto fortunati e loro no. Il mio “rimaniamo concentrati” non riguarda loro, povera gente.
Nel senso, il tema è delicato. Potrebbe sembrare un discorso molto egoistico, scritto da una a cui non frega niente di chi sta male, ma è esattamente il contrario. In realtà la questione mi colpisce così tanto che non posso permettermi di guardare da vicino. Devo mantenere un certo distacco.
Ho detto prima che, quando veniamo a conoscenza di qualsiasi orribile ingiustizia presente nel mondo, quale sia il modo più utile di reagire dipende da come siamo fatti noi. Cosa significa?
Qui serve ribadire un concetto a monte… Mi segui ancora?? Sto per svelarti “la chiave di tutto”. Uuuuuh.
Il motivo per cui ciascuno di noi viene al mondo è esprimersi. Quando diamo voce a ciò che di unico ci portiamo dentro, allora avremo fatto la differenza.
Questo è, secondo me, l’unico vero modo di fare la differenza.
Amen.
Venendo dunque al dunque (era ora!). Se nel tuo dna c’è scritto che sei strutturato per stare in prima linea, laddove ce n’è bisogno, in situazioni di grande emergenza, allora per te “esprimerti” significherà diventare qualcosa come un medico senza frontiere o un politico che avrà influenza sulle sorti di molte persone, o adoperarti per ospitare i rifugiati, raccogliere e trasportare beni di prima necessità etc… Perfetto, in questo caso, sì, sei il tipo di persona che fa bene a restare informata, a dibattere, a lottare e a farsi coinvolgere fino al midollo da tutto ciò.
Se però, la tua missione è un’altra e non c’entra direttamente con il mettere le mani in pasta quando la pasta scotta, attenzione a non permettere che le “cattive notizie” diffuse dai media fagocitino la tua energia e la tua attenzione, mentre sarebbero (per il bene di tutti) meglio spese altrove.
Ovviamente, più o meno chiunque vorrebbe avere i mezzi per fare qualcosa di concretamente utile per chi soffre, ma spesso “concretamente” possiamo fare molto poco (che è sempre meglio di niente per carità).
Dove però, abbiamo assai maggior raggio di azione nel fare la differenza è restando centrati su di noi e portando i nostri doni là fuori, mettendoli al servizio del prossimo.
Ogni tanto, cerchiamo di mettere sulla bilancia il fatto che ai grandi potenti della Terra fa molto comodo mantenerci impauriti e soprattutto distratti!
Perchè, lo so e vi capisco molto bene, cari compagni di avventura, se trovate che a questo mondo accadano un po’ troppe cose insopportabili, sbagliate, insostenibili e questo vi fa “ribollire il sangue”.
Tuttavia, per poterci fare davvero qualcosa, è necessario prima di tutto raggiungere un livello di espansione personale che ci metta in qualche modo nella posizione di usare i nostri super poteri. Questi, verranno spontaneamente a galla e verranno messi a frutto, quando impareremo a muoverci all’interno di quella che sentiamo come “la nostra missione”.
Per questo, credo che tornare a noi stessi, lavorare con costanza, goccia dopo goccia, giorno dopo giorno sul nostro sogno, qualunque esso sia, sia la cosa più drammaticamente rivoluzionaria che possiamo fare!
Pian pianino tutto questo impegno ci renderà più grandi e più liberi, pian pianino avremo qualcosa da dare e dopo aver aiutato noi stessi potremo aiutare anche gli altri.
Se vuoi ti parlo del mio caso come esempio, così mi spiego meglio.
Allora, io so di essere una persona altamente sensibile, e con “altamente” intendo, fai alto come, non so, prendi la Statua dell’Unità e ci metti sopra la Statua della Libertà e poi in cima ci incastri la Tour Eiffel. Volendo ci sta ancora un bell’alberello di natale a mò di ciliegina in punta (giusto per restare in tema di torte).
Se guardo il telegiornale sto fisicamente male, se mi capita (e tendenzialmente non mi capita) di guardare un film dove c’è qualche scena di violenza o di guerra, non lo reggo, non dormo, perdo ogni capacità di concentrarmi sul presente, mi turba profondamente. È abbastanza problematica la faccenda, lo ammetto. Pensa cosa mi succederebbe se mi permettessi di empatizzare con la situazione REALE di chi soffre oggi e per cause molto gravi: muoio.
Quindi?? Mi giro dall’altra parte e non guardo nemmeno? Beh più o meno.
So che le cose accadono, ma mi fermo lì. So che c’è una guerra in corso ma non voglio i dettagli. Non so di preciso cosa stia succedendo e perché. Volutamente evito l’argomento. Non voglio permettere alla mia mente di immaginare cosa significhi nella pratica, perché mi costerebbe un dispendio di energie enorme, in una direzione in cui tanto non posso fare molto.
Mi rendo anche conto che il mio è un caso abbastanza estremo, ma appunto per questo illustra bene il concetto.
E se non fosse poi così sbagliato, entro un certo limite, girarsi dall’altra parte?
Sai, volendo dirla tutta, a parte il conflitto palestinese, in questo momento, nel mondo, migliaia di persone stanno morendo di fame, l’inquinamento sta avvelenando i nostri mari, il clima sta impazzendo, la gente muore di overdose, le malattie mentali e i disturbi della personalità sono in drastico aumento, gli animali da allevamento intensivo conducono un’esistenza di una brutalità vergognosa… Sono forse queste cause meno urgenti e meno attuali? Perché allora non passiamo tutti le nostre giornate a consumarci prendendo atto di tutto ciò che non va? (ce n’è talmente tanto che non resterebbe tempo per fare nient’altro!)
Certamente conosco tutto ciò, come tutti, ma ha veramente senso che io me ne occupi? Se dovessi portare la mia attenzione su tutto ciò che al mondo richiede un urgente dispiego di forze per venire “aggiustato”, impazzirei, come impazzirebbe chiunque al posto mio.
Va benissimo fare la raccolta differenziata e comprare le uova da allevamento a terra, piuttosto che partecipare al corteo per la pace, donare soldi alle associazioni umanitarie in cui crediamo… Ma a parte questo tipo di contributo relativamente poco impegnativo RESTO CONCENTRATA SUL MIO.
Il mio è: motivare le persone ad affrontare il cambiamento necessario per allinearsi con la versione realizzata di sé.
Qui posso fare la differenza.
Poi, ricordiamo sempre l’effetto domino. Volendo, possiamo ipotizzare che io incontri una donna schiacciata dal senso del dovere e proprio grazie alla mia capacità di ascolto lei riesca a “sbloccarsi” sul fronte “seguire i propri sogni”. Immaginiamo poi anche che, chissà mai, questo si concretizzi nel suo intraprendere una carriera umanitaria che la porterà a salvare vite umane sul fronte di guerra… Sto inventando ovviamente, ma hai capito dove voglio arrivare.
In questo senso, non penso di essere troppo piccola per avere un impatto (anche se magari indiretto), in qualsiasi ambito. Credo solo che, l’unico modo in cui posso contribuire sul serio, nel mio piccolo, sia restando all’interno della forma che ha per me esprimermi, senza possibilmente disperdermi altrove.
Il modo di chiunque, per fare la differenza, passa attraverso il percorso che porta a riconoscere i propri talenti per poi metterli a frutto, poichè non c’è un altro campo in cui possiamo fare più concretamente del bene che ESPRIMENDO CHI SIAMO.
Penso che la vera rivoluzione parta sempre da sè e siccome al momento noi fortunati occidentali questa possibilità ce l’abbiamo, siamo invitati ad aprire gli occhi per poterla sfruttare appieno.
Se tutti, uno dopo l’altro, invece che partire dai problemi fuori, ci occupassimo di guardarci dentro e di guarire noi stessi per primi, potremmo vivere nella gioia di portare il nostro contributo rendendoci utili con ciò che di bello abbiamo da offrire.
Così sì, che arriveremmo ad avere una realtà esterna che ci piace per davvero. È così che si cambia il mondo.