06 Feb Piangere fa bene
Posted at 20:17h
in il mio pensiero
Per riassumere molto la faccenda diciamo che l’inizio non è stato dei più felici.
L’inizio di che?
Beh, della mia vita.
Ah ecco. E quindi? Chissenefrega.
Ahehm…stavo dicendo (solo per quelli a cui frega). Che l’inizio non è stato dei più felici.
In realtà neanche del tutto. Per certi versi, almeno l’inizio proprio agli albori, la fase iniziale dell’inizio, quello stadio in cui ci si prepara perchè possa cominciare tutto quanto, insomma… Ci siamo capiti. Quella parte è stata molto felice. Davvero.
Poi le cose si sono parecchio complicate, vai a sapere.
Sono ancora qui che tento di sgrovigliare la matassa per capirci qualcosa, quindi non mi addentrerò a raccontarti di più per il momento.
Ciò di cui vorrei parlarti, invece, è che a posteriori ho capito che esistono svariati modi di reagire alle circostanze sfavorevoli e alla conseguente sensazione di insicurezza percepita.
Uno di questi, quello che mi riguarda, consiste nel tirare su una maschera con cui identificarsi, nel tentativo di “ammortizzare i colpi”, mettendo uno strato in più tra noi e gli altri.
La mia maschera, come tutte le maschere, aveva uno scopo protettivo ed era fatta di apatia.
Ai tempi delle medie seguivo la serie animata di “Evangelion”. La storia riguardava tre ragazzi, traumatizzati e complicati che volenti o nolenti si trovavano nella posizione di proteggere il mondo da una grande minaccia.
Mi appassionava la scelta narrativa, che punta tutto sull’introspezione dei protagonisti e sull’analisi dei loro drammi e desideri più profondi.
Il personaggio che più mi affascinava era Rey Ayanami: una ragazza automa privata delle emozioni al fine di renderla un soldato efficiente.
Aspiravo a diventare come lei.
Avevo intuito che l’unico modo per immunizzarsi al dolore emotivo è il rifiuto di qualsiasi emozione. Se non c’è aspettativa non c’è delusione, se non c’è fiducia non c’è tradimento, se non c’è amore non c’è perdita.
Mi ero chiusa a riccio dentro me stessa. Vestivo consapevolmente indumenti coprenti e fuori moda per essere ignorata. Non parlavo con nessuno, non sorridevo e non piangevo. Mi sentivo a mio agio chiusa dentro agli armadi di casa. Cercavo di esprimermi il meno possibile. Studiavo tantissimo per non provare vergogna durante le interrogazioni.
Questo atteggiamento durò qualche anno, poi finalmente, una domenica mattina, chiusa a chiave in camera mia, arrivarono le lacrime.
Semplicemente mi arresi.
Contenere tutte quelle emozioni stava diventando più doloroso che affrontarle una ad una nel presente. Così, dal nulla, senza un vero motivo, mi permisi di traboccare.
Piansi tantissimo, per giorni, sempre di nascosto, finché non cominciai a sentirmi meglio. Mi sembrò di riemergere da una lunghissima apnea per prendere, finalmente, una boccata d’aria.
Da allora ho perso la capacità di impedirmi di piangere.
Appena qualcosa mi sfiora emotivamente si aprono i rubinetti e non posso farci niente. Piango quando scrivo, quando sogno, quando ricevo un complimento, quando lascio andare un’illusione, quando cammino per strada ascoltando musica, quando sbaglio, quando mi immedesimo in una storia, quando imparo una lezione…
Piango molto spesso e a volte è imbarazzante, ma ne vale la pena. Mi mantiene pulita. Mi mantiene capace di rischiare e di amare.
Adesso so che, appena sento un po’ di dolore, posso mettere il cuore in lavatrice e accendere il risciacquo veloce. Solitamente una decina di fazzoletti più tardi sono già asciutta e pronta a ripartire.
Penso che, contrariamente a quanto si è inclini a credere, piangere sia un atto di coraggio.
E qui si apre una piccola parentesi polemica.
Odio sentir dire ai bambini: «Non dovresti piangere, ormai sei già grandicello!». Oppure: «Smettila di piangere, sembri una femminuccia!». Ma cosa cavolo vuol dire??
Piangere è una cosa naturale e dovrebbe esserlo per tutti! Grandi e piccini, maschi e femmine! Che ingiustizia e quanti danni ha fatto questa avversione popolare a qualcosa di sano, naturale e fisiologico come potrebbe esserlo, che ne so: respirare, andare in bagno, coprirsi quando fa freddo…
Ci pensi se ti dicessero: «No non devi più fare la pipì, ormai sei già grandicello!» Ma stiamo scherzando??
Peccato che, anche con grande sforzo, più di tanto, la pipì non si possa trattenere, mentre purtroppo, trattenere le emozioni è possibile e può diventare un’abitudine molto controproducente.
Permetterci di piangere quando ne sentiamo il bisogno FA BENE ALLA SALUTE sia fisica che mentale. È un sistema davvero efficiente per elaborare le proprie emozioni, lo consiglio a chiunque (ed è un consiglio da vera esperta!) 😉
Nel momento in cui permettiamo alle lacrime di farsi avanti, senza trattenerle, siamo presenti al nostro dolore e alla nostra vulnerabilità. Questo è in effetti un ottimo modo per accettarla.
Proprio questo essere presenti, manda il messaggio al nostro sistema nervoso che va bene così, che non abbiamo bisogno di scappare o di distrarci di fronte al dolore e CHE SIAMO SUFFICIENTEMENTE FORTI per restare ad ascoltare il messaggio che questo dolore ci sta portando.
A questo punto la tristezza avrà portato a termine la sua missione e sarà libera di lasciare il nostro corpo, definitivamente, o almeno fino al prossimo episodio struggente!
Chi ha vissuto una vita soffocando tutto ciò che sembrava rischioso esprimere, in quanto “socialmente sconveniente”, ha bisogno come l’aria di scavare, di tirare fuori tutto, di lasciare uscire e accettare ogni emozione seppellita.
In questo modo, pian piano, insegniamo alla nostra nuova identità in formazione che sì, è proprio vero, si può fare! Si può guardare giù verso l’abisso per scoprire quanto è profondo il pozzo e comunque uscirne illesi.
Lo so, è sicuramente contro-intuitivo se sei abituato ad “evitare” al posto di “sentire”, ma fidati, vedrai presto i risultati se ti permetti di fare qualche esperimento, se ti permetti di dare un po’ di spazio al dolore, alla rabbia, alla frustrazione… Per guardarle da vicino senza scacciarle via e senza giudicarle.
Finirai per scoprire una grande e significativa verità! Attenzione attenzione, due punti, aperte virgolette, rullo di tamburiii: sentirai che anche stando presente, a diretto contatto con le tue emozioni più forti, SEI LO STESSO AL SICURO.
Ooooh. Non so se senti quanta importanza trasuda da questa piccola frase pregna di significato.
Potrebbe anche sembrare una banalità, ma ti assicuro che, per alcune persone (tipo la sottoscritta), non è per niente una cosa scontata! Chiusa parentesi.
Non siamo invece al sicuro se ci rifiutiamo di ascoltare e di esprimere il tumulto che si scatena a volte dentro di noi, questo sì che, alla lunga, diventa pericoloso.
Il rischio nel trattenere le emozioni (tutte le emozioni eh, non solo la tristezza!) è quello di ammalarsi o di diventare nevrotici o ansiosi o depressi o qualsiasi altro tipo di sregolazione del sistema nervoso.
Le emozioni sono energia. L’energia non si crea e non si distrugge, al massimo si trasforma.
Imparare a stare con le nostre emozioni senza fuggire, sentirle pienamente, dare loro espressione e ascolto fa sì che tutta questa potente energia emotiva venga processata (quindi trasformata in informazioni) invece che bloccata e archiviata.
In che senso archiviata? Dove? Nel nostro corpo! Qui può essere accumulata, ma solo fino ad un certo punto.
Quando questa energia soppressa diventa troppa, esplode!
La rabbia, la delusione e lo sconforto che abbiamo messo da parte distraendoci con una bottiglia di vino, non scompaiono mica, eh no! Torneranno certamente alla rivalsa in un secondo momento per tentare di portarci il loro messaggio.
Magari torneranno a bussare alla nostra porta altre due, dieci, cento volte, ma se continuiamo a negare loro il nostro ascolto, il messaggio avrà bisogno di alzare il suo volume per provare a farsi sentire e questa volta si presenterà, ahimè, sotto forma di sintomi, fisici o mentali .
Concludo quindi dicendo: per favore piangi e lascia piangere gli altri (soprattutto i bambini per l’amor del cielo!). Tutto il necessario e ogni volta che ce n’è bisogno.
Se possibile sii accogliente se qualcuno ti fa il dono di lasciarsi vedere piangere: significa che si fida di te. Offrigli la tua spalla e permettiti a tua volta di cercare conforto tra le braccia di chi ami, la prossima volta che sarai tu ad averne bisogno. Mi raccomando. 🙂